L’anestesiologia è quella branca della medicina che si occupa di annullare e/o ridurre la sensibilità dolorifica e/o la coscienza durante un intervento di chirurgia o durante una procedura invasiva.
L’uomo è da sempre stato portato a studiare modi per alleviare il dolore:
Nel 3000 a.C. in Mesopotamia si “narcotizzava” il paziente comprimendo le carotidi per fargli perdere coscienza. In epoche più “recenti”, ossia nel periodo medievale si cercava di ridurre la grande sofferenza dei pazienti sottoposti ad un intervento chirurgico mediante la somministrazione di svariate sostanze più o meno efficaci (alcol, erbe, ghiaccio) Lo scopo era quello di bloccare la circolazione sanguigna in modo da rendere ischemica la zona del corpo trattata o, in alternativa, si portava il paziente in uno stato di incoscienza previo parziale strangolamento dello stesso!!
La mortalità era estremamente elevata, non solo per assenza di norme antisettiche adeguate, ma anche per la mancanza di protezione dell’organismo dall’aggressione chirurgica (dolore, sanguinamento, paura, stress).
Nel 1796 Priestley e Humphry Davy scoprirono le proprietà anestetiche del protossido d’azoto, ritrovate, venti anni dopo anche nell’etere dietilico, sostanza volatile non infiammabile, da Faraday. Le due non vennero però impiegate nell’uomo fino alla metà del 1800.
Nel 1846 venne effettuata la prima dimostrazione di una anestesia chirurgica con il protossido d’azoto ad opera di William Morton presso il Massachusetts General Hospital. Negli anni a seguire venne introdotto nell’uso corrente il cloroformio.
Nel 1929 fu scoperta l’attività anestetica del ciclopropano, ampiamente utilizzato nei successivi 30 anni.
Si parla di anestesia moderna dal XIX secolo, ma la stessa ha subito una rivoluzione dal 1956 in seguito alla scoperta dell’alotano e, successivamente, di tutti gli anestetici da esso derivanti.